Quello messo in atto da Marina è un vero e proprio incontro tra design e meditazione, una fusione che l’artista preferisce riassumere così:
Mettersi nelle condizioni di una separazione forzata. Una separazione necessaria dal nostro quotidiano. L’importante non è il compito di contare i semi in sé. Ma rendersi conto che l’operazione di conteggio è superflua. Il respiro scandisce il tempo.
Un’operazione semplicissima, ironica e inutile per la nostra società occidentale contemporanea, che se ripetuta a lungo diventa un’azione automatica. Automatica ma non immediata, perché necessita concentrazione fisica e mentale, e non permette di pensare a se stessi direttamente. Ma allo stesso tempo si è più che mai presenti. Una coscienza inconsapevole, viva e reale. Non pensare a se stessi come centro del mondo. E il mondo stesso si attutisce. Il contesto frastornante che ci circonda, i pensieri martellanti e i problemi spariscono. Come se intorno a quel luogo preparato si creasse una zona neutra / azzerata / pulita, in cui non si è intaccati dalle preoccupazioni e dalle ansie del quotidiano.
Da spettatore si avverte immediatamente lo scarto di energia. Il tavolo disegnato da Libeskind come oggetto vuoto/neutro, ha una forza latente che viene attivata dalla semplice presenza differente dei performer. Osservarli calma lo spirito.
Marina Abramovich